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Archivio degli autori

Chi ha inventato lo stetoscopio? Considerando improprio auscultare il torace delle pazienti donne, in quanto, la pratica era quella di dover appoggiare l’orecchio contro il petto della paziente

Chi ha inventato lo stetoscopio ?: René Laennec


Rene-Theophile-Hyacinthe_Laennec

Nel 1816, il medico francese René-Théophile-Hyacinthe Laennec inventò il primo stetoscopio ricordandosi di un gioco che faceva da piccolo.

Nato nel 1781 a Quimper, cittadina della Bretagna, ebbe un’infanzia difficile: la madre morì, infatti, di tubercolosi  quando aveva solo cinque anni e suo padre, avvocato, non era in grado di occuparsi dei figli. Per questo motivo Laennec venne affidato allo zio Guillaume, medico a Nantes, che gli trasmise la passione per la Medicina.

Dopo un esordio come aiuto-chirurgo all’interno dell’esercito, deluso dalla vita militare, partì alla volta di Parigi nel 1801. Sprovvisto di mezzi e senza poter contare sull’aiuto del padre, iniziò a frequentare svariati corsi presso la Facoltà di Medicina da poco riorganizzata.

Qui entrò in contatto con Marie François Xavier Bichat e studiò sotto la guida di Jean-Nicolas Corvisart des Marets, medico di Napoleone Bonaparte. Allo studio teorico affiancò l’esperienza pratica nel campo dell’anatomia patologica, collaborando con medici quali Guillaumen Dupuytren e Gaspard Laurent Bayle.

Il 16 giugno 1804 si laureò con una tesi molto apprezzata “Proposizioni sulla dottrina di Ippocrate riguardo alla medicina pratica” nella quale integrò le conoscenze della diagnostica del suo tempo alla mera osservazione dei sintomi di stampo ippocratico. Divenne in poco tempo uno dei più celebri patologi della capitale francese, mentre esercitava nel 1816 all’ospedale Necker di Parigi.

Lo stetoscopio di Laennec tratto dal libro Diseases of the Chest

 

 

Considerando improprio auscultare il torace delle pazienti donne, in quanto, la pratica era quella di dover appoggiare l’orecchio contro il petto della paziente, un giorno si ricordò di una cosa che aveva appreso quando era bambino: i suoni si propagano nei solidi. L’aveva sperimentato giocando con un compagno comunicando a distanza strofinando un chiodo su una tavola.

Ebbe così l’idea di avvolgere 24 fogli di carta, appoggiando  un’estremità contro il suo orecchio, e l’altra estremità contro il petto della paziente, si accorse , così, che i suoni si trasmettevano ed erano anche più chiari e  forti.  Sviluppò di conseguenza un tubo di legno  robusto per sostituire il tubo di carta, chiamandolo  stetoscopio.

Il Trattato sull’auscultazione mediata

Nel febbraio 1818, Laennec comunicò la sua invenzione all’Accademia delle Scienze e dopo qualche mese trattò con gli editori Brosson e Chaudé per far pubblicare il suo libro “Trattato sull’auscultazione mediata”. Quest’opera  chiariva la distinzione delle malattie cardiache da quelle polmonari, visto che i loro i sintomi sono spesso comuni. Il maggior merito fu quello di confrontare la sintomatologia generale con i risultati dati dalle auscultazioni sui pazienti. Egli riprese tutte le malattie polmonari, precisò quelle già conosciute evidenziandone i sintomi, dissociò quelle che venivano confuse e fornì gli elementi necessari per distinguerle.

Lapide che ricorda Laennec e l’invenzione dello stetoscopio all’Ospedale Necker di Parigi

 

 

Laennec esamina un giovane paziente. Dipinto di Robert A. Thom, 1960.

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Sospensione anticoagulanti orali per interventi chirurgici

Sospensione  anticoagulantii orali (NAO)

prima interventi chirurgici:

è sempre utile?


Alcuni interventi chirurgici ad alto rischio emorragico richiedono che la terapia anticoagulante sia temporaneamente interrotta per cui si  esegue una “terapia ponte” (bridging) che consiste nel sostituire temporaneamente la terapia anticoagulante con l’eparina a basso peso molecolare che  può essere protratta fino a poche ore prima dell’intervento.

Recentemente pero’ lo studio BRIDGE  ha dimostrato come la terapia ponte non determina un reale vantaggio nella prevenzione di trombosi mentre  aumenta significativamente gli eventi emorragici. QUINDI ATTENZIONE, PARLANE BENE COL TUO CARDIOLOGO.
Le linee guida europee sulla gestione della fibrillazione atriale (ESC 2016) consigliano di eseguire la terapia ponte SOLO nei soggetti portatori di protesi valvolari meccaniche e, in generale, di sospendere la terapia anticoagulante solo quando strettamente necessario.

comunque lo schema per la terapia ponte nei pazienti trattati con anti-vitamina K (AVK) é il seguente:
Giorno -5: sospendere AVK
Giorno -4: iniziare EBPM se acenocumarolo
Giorno -3: iniziare EBPM se warfarin
Giorno 0: sospendere EBPM almeno 12 ore prima dell’intervento
Giorno +1: EBPM + AVK (dose pre-procedura aumentata del 50%)
Giorno +2: EBPM + AVK (dose pre-procedura aumentata del 50%)
Giorno +3: EBPM + AVK (dose pre-procedura)

Raccomandazioni:

controllare l’INR prima dell’intervento
eseguire l’intervento se INR < 1.5
iniziare la somministrazione di EPBM quando INR ≤ 2
somministrare EBPM a dosi profilattiche se il rischio trombo-embolico é basso-moderato o sub-terapeutiche (70% della dose terapeutica) se il rischio trombo-embolico é elevato
riprendere la terapia anticoagulante non prima di 12 ore dopo l’intervento e se l’emostasi é sicura
somministrare contemporaneamente EBPM e AVK fino a quando INR < 2

Nei pazienti trattati con i nuovi anticoagulanti orali, le linee guida EHRA 2015  sconsigliano vivamente l’utilizzo della terapia “ponte” con eparina a basso peso molecolare in quanto la scomparsa dell’effetto di questi farmaci avviene in un tempo breve e largamente predicibile.

In particolare:

Nel caso di interventi a basso rischio emorragico (interventi odontoiatrici, cataratta, glaucoma) é sufficiente effettuare la procedura in corrispondenza della valle dell’effetto anticoagulante (12 o 24 ore dopo l’ultima dose a seconda che sia utilizzato un farmaco in duplice o singola somministrazione) riprendendo la somministrazione sei ore dopo.

Negli altri casi, in funzione del rischio emorragico correlato alla procedura, é indicato effettuare l’intervento 24 o 48 ore dopo la sospensione del farmaco. Tale intervallo deve essere prolungato in caso di compromissione della funzione renale, soprattutto nei pazienti trattati con dabigatran.

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La sauna finlandese puo’ ridurre il rischio di ipertensione. Studio di 25 anni su uomini fra i 42 e 60 anni.


La sauna può abbassare il rischio di ipertensione, negli uomini.

Studio preliminare :  Dati di 1.621 uomini di età compresa tra 42 e 60 anni senza ipertensione al basale.
Durante oservazione di circa 25  anni, sono stati registrati 251 diagnosi (15,5%).

In questo periodo, il rischio di ipertensione è diminauito del 24% tra coloro che hanno fatto una sauna 2 o 3 volte alla settimana. e del 46% nei soggetti che hanno fatto  4-7  saune alla settimana.

Gli autori concludono che la sauna regolare, oltre a  gia’ noti effetti sul sistema cardiovascolare , è associata anche a un rischio ridotto di ipertensione.

Sui meccanismi che potrebbero essere alla base di questo beneficio, si ipotizza un effetto del calore secco nel migliorare la funzione dello strato interno dei vasi sanguigni. Un ruolo sarebbe poi ascrivibile al sudore che aiuterebbe ad eliminare i liquidi dal corpo, che contribuiscono a innalzare i livelli di pressione sanguigna. Inoltre, le saune aiutano anche con il rilassamento generale, altro fattore di riduzione dell’alta pressione sanguigna.

Ulteriori studi  chiariranno  gli effetti della sauna sulla funzione cardiovascolare.

Sauna Bathing and Incident Hypertension: A Prospective Cohort Study.American Journal of Hypertension. June 2017

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Alti valori pressori durante la gravidanza aumentano il rischio di obesità nell’infanzia

 

L’elevata pressione arteriosa materna nel secondo e nel terzo trimestre di gravidanza, tra le donne sia normotese che ipertese, è positivamente associata a rischio di sovrappeso e di obesità infantile nei figli.

In uno studio prospettico, i ricercatori hanno analizzato i dati provenienti da 88.406 coppie madre-figli  arruolate tra il 1999 e il 2013.
Il follow-up dei bambini è stato effettuato fino all’età di 6-7 anni ( età materna media alla nascita, 25 anni, indice di massa corporea [ BMI ] meda materna, 20.5 kg/m² ).

La pressione arteriosa della madre  è stata misurata durante ogni trimestre di gravidanza; l’ipertensione è stata definita come pressione diastolica di almeno 99 mm Hg e/o pressione sistolica di almeno 140 mm Hg.
il sovrappeso e l’obesità in età pediatrica sono stati definiti secondo i cut-off stabiliti dalla International Obesity Task Force.

I ricercatori hanno utilizzato l’analisi di regressione logistica per esaminare gli odds ratio ( OR ) di sovrappeso o obesità delal prole per incrementi di 10 mm Hg nella pressione materna durante il primo, secondo e terzo trimestre.

 

Tra le donne normotese, la pressione sistolica e diastolica del secondo e terzo trimestre erano associate positivamente al rischio di sovrappeso e rischio di obesità dei nascituri all’età di 4-7 anni.
Per ogni aumento di 10 mm Hg nella pressione sistolica e diastolica nel secondo trimestre,e nel terzo sono state fatte specifiche analisi.

CONCLUSIONI

Tra le donne sia normotese che ipertese, l’ipertensione materna nel secondo trimestre è risultata associata a un maggior rischio del 49% per il sovrappeso e l’obesità ( IC 95%, 1.18-1.89 ), mentre l’ipertensione materna nel terzo trimestre ha aumentato il rischio di sovrappeso o di obesità infantile del 14% ( IC 95%, 1.05-1.25 ).

Per le donne normotese e ipertese, le associazioni tra la pressione materna e il rischio di sovrappeso o di obesità nella prole sembrano essere lineari o a forma di J.

Secondo i ricercatori tutte le donne in gravidanza dovrebbero controllare la pressione sanguigna e cercare di limitare gli aumenti pressori dalla metà alla fine della gravidanza. ( Xagena2017 )

Fonte: Journal of Clinical Endocrinology & Metabolism, 2017

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Acidosi metabolica e Dieta

Acidosi Metabolica e dieta

Alimentarsi in modo corretto e cosciente significa mostrare attenzione e responsabilità nei confronti della propria salute. Una corretta alimentazione è fondamentale per il recupero delle difese dell’organismo: senza farmaci, né interventi chirurgici.

Nel caso si verifichi una condizione di scompenso dell’equilibrio acido-base, l’adozione di una dieta alcalinizzante è uno dei rimedi più efficaci.

la nostra abitudine ci porta a consumare cibi che acificano in quantita’.
L’Acidosi può essere controllata andando a intervenire sul regime dietetico. incrementando il consumo di alimenti alcalinizzanti:

nutrienti ricchi in sali minerali;
antiossidanti;
fitoestrogeni e fibre (frutta e verdura, semi di lino, soia, cereali integrali, legumi, noci, alghe).

Ridurre l’assunzione di alimenti acidificanti contenenti quantità elevate di:

proteine;
zuccheri;
sostanze acide (carne, formaggi, salumi, caffè, bibite e dolci).

È altrettanto importante optare per un’alimentazione equilibrata e varia considerando anche un corretto apporto di acqua.

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STRESS E CUORE legati da ormoni

 

Il legame diretto tra stress e cuore….

studio recentemente pubblicato su Lancet.

I ricercatori hanno valutato, in soggetti con età media 55 anni che non avevano avuto un precedente evento cardiovascolare, lo stato di attivazione dell’amigdala, la regione del cervello responsabile per l’elaborazione dello stress e sono stati studiati per circa 4 anni..

Nel periodo di osservazione, è emerso che l’attivazione dell’amigdala era significativamente associata all’attività emopoietica del midollo osseo all’infiammazione arteriosa e al rischio di malattia cardiovascolare

L’associazione fra lo stress, dimostrata attraverso l’attivazione dell’amigdala, e il rischio di malattia cardiovascolare, era INDIPENDENTE da altri fattori di rischio classici per malattia cardiovascolare e, secondo i rilievi degli autori, è mediata attraverso meccanismi ormonali, che portano a una maggiore attività del midollo osseo e a un processo infiammatorio che coinvolge il sistema arterioso.

Bibliografia
Relation between resting amygdalar activity and cardiovascular events: a longitudinal and cohort study. Lancet. Published online January 11, 2017

 

 

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IL SEGRETO DEI FLAVANOLI DEL CACAO

Il segreto nei flavanoli del cacao

Sara’ il cioccolato protettivo per il diabete e il cuore?
I flavanoli sono polifenoli che appartengono alla classe dei flavonoidi, di cui i semi di cacao sono particolarmente ricchi

in questa raccolta di studi per un totale di 1131 pazienti per periodi fino a 52 settimane l’assunzione di cioccolato, quindi dei flavanoli del cacao, ha migliorato significativamente la sensibilità all’insulina e il profilo lipidico.
I maggiori benefici sono stati riscontrati in chi consumava dai 200 ai 600 mg di flavanoli al giorno.
In questi soggetti sono stati rilevati infatti una –riduzione delle concentrazioni plasmatiche di glucosio e di insulina –la riduzione dell’insulino-resistenza e dei trigliceridi totali , incremento delle HDL e miglioramento degli indici aspecifici dell’infiammazione sistemica (PCR e VES)
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Questi risultati supportano la necessità di impostare vasti studi randomizzati a lungo termine al fine di indagare i benefici nel cardiometabolismo a breve termine dei flavanoli del cioccolato sul rischio di sviluppare diabete ed eventi cardiovascolari, così da comprendere come questi possano trovare un’applicazione in campo clinico.

da:
J Nutr. 2016 Sep 28.

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..e se trovo differenza di pressione fra gli arti?

CURIOSITA’ …O UTILITA? leggi e scopri ..e condividi con gli amici !

Differenza di pressione arteriosa tra gli arti

Di solito i valori della Pressione Arteriosa (P.A.) sono simili nei due arti superiori.

A volte si possono notare differenze MINIME (5-10 mmHg) tra le due braccia. In questo caso le misurazioni successive vanno effettuate sul braccio con P.A. più elevata.
Spesso la P.A. più elevata si riscontra al braccio destro senza che questo abbia un chiaro significato patologico.

Altre volte Valori SIGNIFICATIVAMENTE diversi > 15 mmHg della P.A. tra i due arti superiori indicano un aumentato rischio di arteropatia periferica e cerebrovascolare e di mortalità.

E’ importante quindi misurare la P.A. in entrambe la braccia nello stesso momemnto con due apparecchi , ognuno su un braccio e NON in maniera sequenziale.
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Nel caso in cui si riscontri una differenza di almeno 15 mmHg.potrebbe esserci una patologia ostruttiva a livello dell’arco aortico o di una delle due arterie succlavie per cui e’ meglio rivolgersi al proprio cardiologo che decidera’ se necessario ecodoppler tronchi sovraortici.

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ANGIOPLASTICA coronarica percutanea PTCA


Scaffold riassorbibile in un graft venoso.

Da quando Andreas Gruentzig introdusse l’ANGIOPLASTICA coronarica percutanea nel 1977, nuovi orizzonti sono stati aperti nel trattamento della malattia coronarica aterosclerotica.
All’inizio degli anni ’90 l’introduzione dello STENT metallico ha ridotto drasticamente il rischio di occlusione acuta e di ristenosi coronarica da iperplasia neointimale.
Un ulteriore miglioramento dei risultati dell’angioplastica si è registrato con l’impiego degli STENT MEDICATI caratterizzati da un rilascio lento di farmaci antiproliferativi che, limitando la proliferazione neointimale della parete coronarica, hanno consentito di ridurre sensibilmente la restenosi clinica ad una percentuale inferiore al 10%.
In seguito, la ricerca degli ultimi anni è stata finalizzata a sviluppare uno “scaffold” completamente RIASSORBIBILE, capace di salvaguardare la pervietà del vaso arterioso trattato e dopo la sua scomparsa (riassorbimento), permettere il recupero dell’integrità funzionale fisiologica della coronaria trattata.

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